Lettera a colleghi
Cari genitori
Sono un’insegnante precaria, ogni anno cambio scuola, ma non per mio volere e quando mi trovo bene con le colleghe è mia abitudine lasciare qualche riga di saluti.
Quest’anno voglio lasciare un messaggio anche a tutti gli alunni e ai rispettivi genitori.
Prima di tutto devo ringraziare i colleghi con i quali ho spesso scambiato delle opinioni e mi hanno sempre “ascoltata”. Sembra assurdo ma non sempre mi è capitato, nelle scuole in cui ho insegnato finora, di trovare persone disposte a sentire come gli altri vedono le cose che succedono in classe.
Ringrazio infinitamente la prof.ssa Iaffaldano che mi ha permesso di fare le mie lezioni “strane” e si è spesso prodigata nel recuperare il materiale di cui avevo bisogno per le attività che proponevo alla mia classe. Non posso dimenticare nemmeno la pazienza e la disponibilità delle collaboratrici scolastiche ogni volta che facevo richieste strane o lasciavo l’aula sottosopra.
Spesso voi genitori criticate, a volte forse a ragione, i modi di parlare, di rimproverare od altro degli insegnanti verso i vostri figli. Lasciate però che io esprima il mio punto di vista.
Senz’altro molti di voi sanno come è difficile gestire i rapporti con i propri figli, specialmente gli adolescenti. Ecco, noi insegnanti consideriamo i vostri figli come fossero nostri. Spesso mi capita di sentire in sala prof. dei colleghi che recandosi in classe dicono “…bene, vado dai miei bimbi!”
Stiamo con loro molto tempo durante l’anno e quindi ci leghiamo a loro quasi come fossimo dei genitori. Chi ha più di un figlio si sarà di certo accorto come ogni bimbo è diverso dall’altro nel modo di fare e di sentire le cose. La maniera di educare uno di loro non funziona con un altro e quindi bisogna adeguarsi ai caratteri dei diversi ragazzi… immaginate di avere 26 figli e considerate come è difficile andare d’accordo con l’altro coniuge (a volte anche con i suoceri e con i propri genitori) sul modo di educarli. Considerate inoltre che tutto questo va moltiplicato per il numero di alunni che si hanno in tutte le classi.
Sono convita che ogni insegnante cerca, in un modo o nell’altro, di dare qualcosa ai vostri ragazzi che poi serva per il loro futuro, altrimenti non riuscirebbe nemmeno a mettere piede in un’aula.
Il nostro è il lavoro più difficile che esista perché abbiamo a che fare con tante persone, giovani (i nostri alunni) e adulti (i loro genitori e parenti vari).
Quando entriamo in classe speriamo sempre di fare il meglio per i nostri ragazzi, ma spesso sbagliamo, senza però rendercene conto: li umiliamo, li spaventiamo, li demotiviamo, non li ascoltiamo… e di questo chiedo anch’io perdono a voi genitori e a voi alunni. Quando ci accorgiamo che il nostro modo di gestire le situazioni non funziona ci sentiamo in colpa, cominciamo a dubitare dei nostri metodi e ci sentiamo impotenti e incapaci di dare il massimo.
Quest’anno ho scelto di fare delle ore di sostegno e quindi posso osservare quello che fanno i miei colleghi in classe. Mi è capitato di dire a una collega “sei grande, fai un lavoro eccezionale coi ragazzi!” e lei mi ha risposto “per fortuna c’è qualcuno che me lo dice!” e io ho concluso dicendo “se nessuno ti vede come può dirtelo?” Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che spesso noi insegnanti siamo soli nel nostro lavoro e dobbiamo gestire delle situazioni, a volte anche pericolose, da soli. Nessuno ci dice al momento questo che stai facendo è giusto, quell’altro è sbagliato. Non abbiamo avuto una formazione specifica per affrontare nel modo giusto, se esiste, le diverse situazioni che dobbiamo affrontare in classe. A volte interveniamo pensando di aver fatto la cosa più giusta per il bene dei nostri alunni, poi però ci accorgiamo che il nostro intervento ha peggiorato la situazione, così rimettiamo in discussione tutto il nostro modo di agire. Capisco quei colleghi che dicono “se c’è un problema io taglio corto, impedisco di parlare del problema. In questo modo non aiuto i ragazzi a trovare una soluzione, ma non rischio nemmeno di peggiorarla. Ho bisogno di portare avanti il programma perché se non lo concludo per la fine dell’anno i ragazzi avranno delle lacune da colmare e dei genitori verranno sicuramente a protestare”.
A volte succede anche che un genitore venga a ringraziarci per quello che facciamo con i loro figli al di fuori del programma ministeriale e questo ci da una carica che ci aiuta ad affrontare tante giornate difficili e ci incoraggia a provare ancora a cercare di risolvere delle situazioni difficili.
La mia speranza è che io riesca a lavorare sempre con persone meravigliose come le colleghe di Dorno e con genitori che vedano gli insegnanti dei propri figli come degli aiutanti e non dei tiranni e carcerieri.